
LA SPEDIZIONE - Lo sapevano bene l’alpinista francese Elisabeth Revol e il polacco Tomek Mackiewicz, quando a metà gennaio partirono per salire la montagna dal versante del Diamir, quello occidentale. Lei, 37 anni, una delle migliori alpiniste del mondo. Lui, 42 anni, a sua volta un alpinista affermato, che aveva già provato a scalare il Nanga Parbat d’inverno altre sei volte. Dopo il periodo di acclimatamento con cui gli alpinisti si abituano alle altitudini sopra i 4000 metri, la spedizione è partita in perfetto stile alpino: senza usare bombole d’ossigeno, portatori, corde fisse o rifornimenti dal basso. Mercoledì 25 gennaio avevano raggiunto la quota di 7300 metri, dove avevano bivaccato pianificando di raggiungere la cima il giorno successivo. I due, quella vetta tanto agognata, effettivamente l'hanno raggiunta, ma durante la discesa hanno avuto dei gravi problemi. Tomek quasi cieco dopo aver perso in un incidente gli occhiali che lo proteggevano dai riflessi della luce e con un principio di congelamento. Elisabeth semi congelata pure lei, ma con la forza di tornare indietro, di lasciare in una tenda il suo compagno di cordata per provare a scendere ancora a chiedere aiuto.
IL SALVATAGGIO - Organizzare una spedizione a oltre 7000 metri su una delle montagne più difficili del mondo è complicatissimo. Ed è a questo punto che si verifica la tragedia, ma anche il miracolo sul Nanga Parbat, quando prende il via un'incredibile operazione di salvataggio: quattro eroi polacchi, nonostante le condizioni meteo sulla montagna stessero peggiorando, decollano in elicottero, giungono a quota 5000 metri e iniziano la salita, verso i 6700 metri dove si trova Elisabeth Revol. A quanto si sapeva Tomek Mackiewicz era invece a 7200 metri. Due dei quattro alpinisti hanno salito quasi duemila metri, in cattive condizioni meteo e in parte di notte, ma alla fine sono riusciti a trovare la donna e a portarla in salvo con principi di congelamento a mani e piedi. Nessun tentativo di soccorso per il Tomek. E' rimasto tra i ghiacci all'ultimo campo base, dove era riuscito a portarlo la compagna di cordata. Il gruppo con il cuore sarebbe andato avanti, ma con la testa è stato obbligato a tornare indietro per non aggiungere una tragedia alla tragedia.


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