
Andando indietro di qualche migliaio di anni, scopriamo che il Sahara era una enorme distesa di vegetazione ricca di fiumi e laghi. Una vera e propria esplosione di verde che ci fu tra 11.000 e 5.000 anni fa quando le dune sabbiose si trasformavano in vere e proprie foreste che attiravano numerosi animali dove trovavano facile nutrirsi con erbe e arbusti.
Quel periodo, noto come "periodo umido africano", fu la diretta conseguenza della variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre, un ciclo che si compie periodicamente ogni 25.800 anni: la precessione degli equinozi. La stagione estiva subentrava nell'emisfero boreale quando la Terra arrivava al perielio (punto più vicino al Sole), mentre ora è esattamente l’opposto (l'estate infatti arriva quando la Terra si trova al punto più distante dal Sole). Questo fenomeno ha causato un aumento di circa l'8% dell'insolazione su tutto l'emisfero boreale, con effetti marcati su tutti i continenti.
L’aumento della radiazione solare ha amplificato il "monsone africano" che in poche parole, sarebbe lo spostamento del vento stagionale sulla regione causato dalle differenze di temperatura tra la terra e l’oceano. L’aumento repentino di questo calore nel Sahara ha sviluppato un sistema di bassa pressione che ha introdotto l’umidità dall’Oceano Atlantico nel deserto arido.
Ma la domanda che ci poniamo è: si potrebbe nuovamente verificare?
Secondo Kathleen Johnson, professore associato di sistemi terrestri presso l’Università della California, questo ciclo si ripete ogni 23.000 anni e il prossimo dovrebbe avvenire tra circa 10.000 anni, quando si raggiungerà nuovamente il massimo solare nell’emisfero settentrionale. Quello che però preoccupa è il cambiamento climatico scaturito dal riscaldamento globale, di cui l’uomo è la principale causa. Molti scienziati, dunque, non possono prevedere come l’aumento dei gas inquinanti influenzerà il ciclo climatico naturale del futuro.