I ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis, in uno studio recentissimo pubblicato su Nature, confermano per ora alcune acquisizioni precedenti. Per gli scienziati, si legge su Repubblica, la protezione offerta dai vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna attiva dei meccanismi di copertura durevoli, da attribuire a “centri germinali” nei linfonodi grazie ai quali il sistema immunitario riesce a proteggersi meglio dalle nuove infezioni in arrivo, tanto da poter non avere bisogno della terza dose aggiuntiva di siero e da fornire una migliore copertura contro le varianti.
Ma intanto, nel Regno Unito c’è già il via libera del governo britannico e del servizio sanitario nazionale (Nhs) alle terze dosi. Il richiamo ulteriore, raccomandato dagli esperti del Joint Committee on Vaccination and Immunisation, mira a rafforzare e preservare l’immunità anche di fronte a possibili varianti. Ne avranno diritto tutti gli ultracinquantenni residenti nel Regno Unito e le persone più giovani cui sia già stata prescritta in passato la vaccinazione anti-influenzale. La campagna, da completare entro inizio inverno, inizierà a partire dai pazienti vulnerabili e in totale coinvolgerà in totale milioni di persone.
Diverso discorso per AstraZeneca: una terza dose somministrata almeno sei mesi dopo la seconda, ha aumentato di sei volte i livelli anticorpali e mantenuto la risposta delle cellule T. Determinando inoltre una maggiore attività neutralizzante contro le varianti Alfa, Beta e Delta. Questa la conclusione di una ricerca studio dell’Università di Oxford in via di pubblicazione su “Lancet”, per la quale sia la seconda dose sia la terza sono causa di minori reazioni avverse rispetto alla prima.