Venerdì 25 settembre è in programma un nuovo incontro tra governo e sindacati sul piano che dovrebbe entrare in vigore nel 2022, ovvero quando andrà a scadenza la sperimentazione di Quota 100 voluta dal Conte I.
Tra le opzioni sul tavolo c'è proprio quella della doppia flessibilità in uscita, che consentirebbe ai lavoratori che svolgono attività usuranti di andare in pensione a 62 o 63 anni con un'anzianità contributiva di 36 o 37 anni senza penalizzazioni.
Bisogna però dire che molti lettori
sono preoccupati dei cambiamenti sulle pensioni, in troppi rischiano
di vedere posticipata la fine del proprio lavoro. Ma andiamo con ordine.
La possibilità di andare in pensione a 62 anni è un'ipotesi che
dovrebbe essere valutata dai sindacati, per i quali la priorità
resta comunque l'uscita garantita per tutti alla maturazione dei 41
anni di contributi.
Nell'attesa del piano si lavorerà su tre interventi: proroga e rafforzamento di Ape sociale, prolungamento di Opzione donna e quota 41 per i lavoratori precoci. Ma su questo pacchetto, che, a seconda della configurazione, potrebbe valere anche più di 500 milioni, il ministero dell'Economia si sta mostrando per il momento piuttosto cauto. L'impossibilità di ricorrere a nuovo deficit per la legge di bilancio e la necessità di dare la precedenza all'avvio della riforma fiscale e alla nascita dell'assegno unico.
Tra le opzioni sul tavolo ci sono
quindi:
la possibilità di consentire dal 2022 a una prima fetta di
categorie di lavoratori, a partire da quelli che svolgono attività
gravose o comunque usuranti, di andare in pensione già a 62 (o 63)
anni con 36 di contributi senza eccessive penalizzazioni.
E poi la seconda ipotesi di flessibilità che riguarda tutti gli
altri lavoratori: dal 2022 la soglia minima di uscita salirebbe a 64
anni d'età e almeno 37 (0 38)
anni di contribuzione e con penalità legate al metodo dl calcolo
contributivo per ogni anno d'anticipo rispetto al limite di vecchiaia
dei 67.
In ambito europeo, va detto, il pensionamento anticipato non viene visto di buon occhio: inoltre, aleggia anche il Recovery Fund,
che inevitabilmente porterà con sé maggior controllo da parte
dell’Unione Europea sulle riforme che l’Italia metterà in campo a
partire da questo mese.