Il virus, nella sua forma sintomatica, è responsabile del danneggiamento a lungo termine dei vasi sanguigni che permettono l’erezione, ma ha conseguenze anche indirette: l’ansia e lo stress da pandemia hanno inevitabilmente influenzato le prestazioni, mentre il difficile accesso alle cure ha ridotto drasticamente il numero di uomini che si sono rivolti a un medico. E' questo il risultato di una ricerca americana.
Per questo, in Italia, si sta valutando se avviare uno studio in cui arruolare uomini con una relazione stabile in cui la disfunzione erettile sia comparsa contemporaneamente alla diagnosi di sindrome post COVID: lo ha annunciato Nicola Mondaini, professore associato di Urologia all'Università Magna Grecia di Catanzaro.
La probabilità di sviluppare disfunzione erettile a breve e lungo termine, come riportato anche dal quotidiano Repubblica, può aumentare di sei volte dopo aver contratto il coronavirus, secondo la ricerca pubblicata a marzo. Altri studi hanno documentato una serie di problematiche di salute post-infezione che impattano sul sesso, che si possono presentare singolarmente o in modo combinato: incapacità di raggiungere o mantenere l’erezione, danni ai testicoli, dolore o gonfiore testicolare, incapacità di raggiungere l’orgasmo, bassi livelli di testosterone e disturbi che riguardano la salute mentale.