Nella fattispecie, il documento elaborato dall'Accademia Svizzera delle Scienze mediche, specifica le caratteristiche di chi potrebbe non ricevere cure: "Età superiore a 85 anni o a 75 accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III e cardiaca di classe NYHA maggiore di 1 e sopravvivenza stimata a meno di due anni", si legge a pagina 5.
Inoltre, qualora i posti letto risultassero scarsamente disponibili, si afferma che i seguenti malati potrebbero non giovare di una cura: "Arresto cardiocircolatorio ricorrente, malattia oncologica con aspettativa di vita inferiore a un anno, demenza grave, insufficienze cardiache di classe NYHA-IV, malattia degenerativa allo stadio finale".
Sono scelte difficili e al limite dell'etica e della morale, soprattutto in uno stato avanzato come quello elvetico.
A tal proposito, Franco Denti, il presidente dell'Ordine dei Medici del Canton Ticino sostiene che "Decidere chi rianimare e chi no è pesante, pesantissimo per qualunque medico. Ma tale documento, che è pubblico, è a garanzia dei curatori e degli stessi pazienti che potrebbero non volersi sottoporre a ulteriori riguardi".
A tal proposito sorge un problema di carattere etico: si poteva evitare questa situazione o no?
La stragrande maggioranza dei virologi ha sempre sostenuto che in autunno poteva scoppiare una seconda ondata di contagi da coronavirus e pertanto sarebbe stato utile, per qualsiasi paese, incrementare sia i posti-letto, sia le terapie, al fine di poter curare il maggior numero di pazienti possibile. Il quadro generale del COVID-19 è molto grave e il nuovo DPCM, pur sacrificando parte della libertà e minando alcune tipologie di lavoratori, cerca di tenere in piedi salute ed economia nei prossimi mesi.