L'India sta registrando pochissimi casi di coronavirus in questi giorni. Nonostante sia il secondo paese al mondo per popolazione, con un miliardo e 340 milioni di abitanti, l'ultimo dato ufficiale mostra 86 vittime e 11mila contagi sulle 24 ore, un valore enormemente più basso rispetto a paesi decisamente più piccoli.
Secondo uno studio del Council of Medical Research indiano, in via di pubblicazione, il 25% degli abitanti si sarebbe finora infettato, ovverosia 335 milioni: ciò significa che in alcune zone si sarebbe raggiunta l'immunità di gregge, cioè la quota di persone contagiate, con sintomi o senza, oltre la quale il virus va a spegnersi o indebolirsi, sbattendo contro un muro di individui immuni. A titolo di esempio, il Corriere della Sera riporta che a Delhi tra il 45 e il 50% dei residenti è stato contagiato, a Mumbai il 57%, a Pune l'85%, a Kolkata più del 30%, ecc.
L'immunologo Satiajit Rath, dell'Istituto Nazionale di Immunologia, ritiene che sussistano tre motivi per cui il suo stato si trovi in queste condizioni:
1) nelle affollatissime località cittadine il coronavirus è circolato tantissimo, infettando un gran numero di individui;
2) è una regione povera e molti non hanno potuto lavorare da casa: non esiste il telelavoro e mantenere il distanziamento non è sempre facile, oltretutto con norme igieniche talvolta precarie;
3) l'India è popolata da giovani e giovanissimi (in rapido sviluppo demografico, con pochissimi anziani), ovvero le fasce nelle quali il COVID è meno aggressivo.
Il paese asiatico ha prenotato il vaccino di AstraZeneca e ne sta creando un altro, il Covaxin, sul suo territorio, ma non c'è correlazione con essi e il crollo degli infetti di COVID-19 nelle ultime settimane, pertanto l'ipotesi dell'immunità della popolazione pare la più accreditata.